E’ morto venerdì scorso, anche se la notizia è stata diffusa solo oggi ad esequie avvenute, Alberto Ronchey, scrittore, giornalista e ministro. Aveva 83 anni. A rendere nota la notizia la figlia.
Alberto Ronchey è stato un maestro di giornalismo che con la precisione nell’analisi di dati statistici, nei riferimenti storici e con l’inventiva del coniare neologismi di grande acume rimarrà nella storia del giornalismo italiano.
Alberto Ronchey era nato a Roma il 27 settembre 1926 e dopo la laurea in giurisprudenza si era dedicato all’attività di scrittore e soprattutto a quella di giornalista. Durante l’occupazione tedesca era stato collaboratore della ‘Voce Repubblicana’ per poi divenire segretario della Federazione giovanile repubblicano, fino al 1946. Per molto tempo fu inviato speciale de La Stampa fino a ricoprirne l’incarico di direttore. Nel 1973 lasciò il quotidiano di Torino per approdare al ‘Corriere della Sera‘ come editorialista e inviato speciale. In seguito passò nelle file del quotidiano Repubblica (1981) diventandone editorialista.
Nel giugno del 1992 Alberto Ronchey assunse la carica di Ministro dei Beni culturali nel governo di Giuliano Amato e fu confermato anche nell’aprile dell’anno dopo da Carlo Azeglio Ciampi. In seguito fu presidente della Rcs tra il 1994 e il 1998.
A lui si deve la coniazione del termine “Lotizzazione” in riferimento all’abitudine dei partiti di spartirsi le nomine negli enti pubblici, in primo luogo alla Rai, e quella di “Fattore K” con la quale spiegava la mancata alternanza al governo dell’Italia, legata alla presenza di un grande partito comunista che, per ragioni di alleanze ed equilibri internazionali, non poteva giungere al potere.
Per lunghi anni è stato uno dei critici più esigenti della classe politica italiana, cosa che si può ampiamente riscontrare nei suoi libri “Accadde in Italia” (1977), “Chi vincerà in Italia?” (1982), “Atlante italiano” (1997).